Le priorità della Presidenza Italiana del G7: Il vicinato prima di tutto
Nonostante l'importanza sistemica dell'Indo-Pacifico, nel G7 appena concluso il vicinato immediato dell’Italia, est e sud, ha rappresentato il fulcro della presidenza di Roma
Con la fine del 2024, finisce anche la settima presidenza italiana del G7. Il G7 è un forum intergovernativo, nato nella prima metà degli anni ‘70 ma formalizzato nel 1986 con l’ingresso del Canada, che riunisce le principali democrazie e paesi capitalisti del mondo: oltre all’Italia e al già citato Canada, ne fanno parte Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti d’America e - dal 1981 - anche l’Unione Europea (UE), prima del 1992 conosciuta come la Comunità Economica Europea (CEE), come invitato permanente.
La prima tappa della presidenza italiana si è avuta il 24 febbraio 2024, a due anni esatti dall'inizio della guerra di aggressione su larga scala della Russia contro l'Ucraina. La Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni è volata a Kyiv per ospitare il primo incontro in videoconferenza dei Capi di Stato e di Governo del G7 sotto la presidenza italiana. Pochi giorni dopo, si poi è recata a Washington e Ottawa per incontrare il Presidente Joseph Biden e il Primo Ministro Justin Trudeau, al fine di comunicare la visione dell’Italia per la sua Presidenza del G7: una robusta difesa di un sistema internazionale saldamente ancorato al rispetto del diritto internazionale e del multilateralismo. In questo contesto, il sostegno deciso all'Ucraina e preservare l’attuale architettura di sicurezza europea sono considerati imperativi e rappresentano il fulcro degli sforzi italiani nel quadro del G7.
I leader del G7 sanno che una vittoria russa in Ucraina significherebbe probabilmente la fine del sistema di sicurezza europeo emerso negli ultimi trent’anni, basato sull'integrazione dei paesi ex-Patto di Varsavia nelle strutture di sicurezza euro-atlantiche. L’Italia resta contraria a un coinvolgimento militare diretto con truppe occidentali/NATO sul terreno ucraino, come suggerito dal Presidente francese Emmanuel Macron. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che inviare truppe NATO in Ucraina significherebbe “rischiare una Terza Guerra Mondiale”. Questa proposta francese ha creato delle crepe nella comunità transatlantica. Viste le reazioni avverse ricevute, questa proposta ha avuto l’effetto opposto, causando una sorta di “cacofonia strategica” all’interno della NATO e dell'Occidente, un fattore che la Russia cerca storicamente, non da oggi, di sfruttare a suo vantaggio.
Nel contesto del G7, l’Italia ha quindi cercato di promuovere una maggiore coesione nel rafforzare il sostegno militare e finanziario per Kyiv, tentando anche di trovare ulteriori modi per rafforzare la produzione di difesa in Europa e nello spazio transatlantico per sostenere l’Ucraina nella sua lotta vitale contro la guerra di aggressione russa. Per la Meloni, c’è anche un elemento interno da considerare: più a lungo durerà la guerra in Ucraina, più sarà difficile resistere alle pressioni esterne ed interne di coloro che vogliono che il conflitto finisca. La posizione ufficiale italiana su un accordo negoziato resta quella per la quale i colloqui possono iniziare solo quando lo deciderà Kyiv, ovvero quando l’Ucraina riterrà di aver raggiunto i suoi obiettivi.
Tuttavia, la pressione sul governo italiano rimane significativa. All’inizio del 2024, la Russia aveva attivato le sue reti di influenza in Italia per diffondere propaganda anti-ucraina. All’interno della coalizione della Meloni, ci sono da sempre opinioni divergenti sulla guerra in Ucraina e sui rapporti con Mosca. Il partito di Salvini, la Lega, come dimostrano anche le dichiarazioni di alcuni suoi membri dopo la morte di Navalny, mantiene ancora un atteggiamento filo-russo. Tuttavia, la loro capacità di influenzare la posizione ufficiale del governo su questa questione è stata limitata in questi mesi.
Dopo l’Ucraina, il principale focus della presidenza italiana è stato rappresentato dalla guerra in Gaza. L’Italia ne ha riconosciuto il profondo impatto sull’agenda globale e ha cercato di bilanciare il sostegno alla sicurezza di Israele evitando di alienare il mondo arabo. Sebbene ci sia un ampio accordo tra i membri del G7 sul fatto che Hamas sia principalmente responsabile della situazione, cresce la preoccupazione per la risposta sproporzionata di Israele.
Roma ha chiesto un cessate il fuoco, mostrando una sorprendente convergenza tra governo e opposizione. La stessa preoccupazione aveva guidato Biden, la cui amministrazione ha avuto vari problemi con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, pur continuando sempre a sostenere Israele. Per Biden, la guerra a Gaza ha avuto anche molte implicazioni interne, negative. Le comunità arabe negli Stati Uniti, storicamente elettori democratici, si sono mostrate sempre più disilluse e hanno avuto un ruolo nella sconfitta dei democratici a novembre. Anche i giovani elettori democratici si sono mostrati meno favorevoli a Israele rispetto alle generazioni più anziane del partito. Queste dinamiche si sono fatte sentire nei risultati elettorali, in particolari nella costa nord-orientale.
In qualche modo collegata alla guerra di Gaza e al suo impatto sul "Sud Globale", la presidenza italiana del G7 ha voluto enfatizzare la rilevanza dell'Africa, parte dell’approccio italiano al cosiddetto “Mediterraneo Allargato”. Per l’Africa, il governo Meloni ha lanciato cosiddetto Piano Mattei, il cui obiettivo dichiarato è quello di stabilire un modello di partenariato considerato “equo “con i paesi africani, diverso dal passato, quando l'Occidente era percepito come predatorio. L’intuizione è interessante e il governo Meloni ha in effetti colto un passaggio importante – quello di promuovere un vero partenariato con i paesi africani – che altri paesi europei, come ad esempio la Francia, faticano a comprendere. Ma, nonostante l’intuizione, il programma ha una serie di problematiche di difficile soluzione, in particolare rispetto all’ambizione: dalla scarsa dotazione economica fino alla mancanza di personale adeguato, sia numericamente che culturalmente, per la gestione di programmi che dovrebbe cambiare radicalmente il volto dello sviluppo economico nel continente.
Negli ultimi anni, l’Africa è diventata inoltre l’epicentro di una serie di dinamiche fondamentali, dalla crescita del jihadismo ad una significativa competizione geopolitica che coinvolge sia potenze esterne – come Cina, Russia, Turchia, Iran e i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) – sia potenze africane emergenti. È una delle regioni del mondo in cui i cambiamenti climatici, il riscaldamento globale e l’inquinamento stanno creando gravi problemi di natura ecologica, economica, sociale e politica. Per l’Europa, l’Africa rappresenta anche – in realtà soprattutto – una preoccupazione dal punto di vista migratorio, e si presume che promuovere lo sviluppo africano possa ridurre la migrazione, uno degli assunti del Piano Mattei. In questo contesto, però, si ignora il quadro generale che caratterizza la domanda africana di mobilità, che non è dettata solo dalla disperazione economica o da problemi sociopolitici, ma è più complessiva.
Immediatamente dopo il vicinato, sulla lista delle priorità italiane del G7 c’è stata la regione Indo-Pacifica. In condizioni normali, questa area avrebbe rappresentato l'interesse principale di qualsiasi presidenza del G7, poiché è diventata il centro di gravità politico mondiale. La sfida posta dalla Cina alle democrazie occidentali, al loro modello di governance e alle economie capitaliste rappresentate dai paesi del G7 rimane una dinamica con il potenziale di trasformare il sistema globale. Le recenti guerre in Ucraina e a Gaza hanno spostato temporaneamente l'attenzione su altre aree, ma si presume che ciò sia solo temporaneo.
L’Italia è un attore relativamente recente nella regione e, sebbene non disponga ancora di una strategia ufficiale per l’Indo-Pacifico, a differenze di altri paesi europei, ha compiuto passi significativi. Nel 2023, l’Italia ha elevato le sue relazioni con Giappone e India allo status di “partenariato strategico” ponendo poi fine formalmente alla sua discussa adesione alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese nel 2024. Insieme a Tokyo, Roma ora collabora anche al cosiddetto Global Combat Air Programme (GCAP), iniziativa multinazionale che include anche il Regno Unito focalizzata nello sviluppo di un caccia stealth di sesta generazione.
L’Italia sta inoltre cercando di rafforzare la sua proiezione militare in quest’area. Nell’aprile 2024, la Marina Militare Italiana ha inviato la sua seconda nave della classe Thaon di Revel PPA, la Francesco Morosini, in una missione di cinque mesi nell'Asia-Pacifico, con attracchi in quindici porti di quattordici paesi. Questa missione ha avuto l’obiettivo di tutelare la libertà di navigazione e il diritto internazionale del mare, oltre a svolgere missioni di diplomazia navale e sicurezza marittima. Alla fine del 2024, inoltre, l’Italia ha schierato nella regione la sua portaerei ammiraglia, la Cavour.
Le iniziative strategiche italiane nell'Indo-Pacifico si allineano a vari obiettivi diplomatici e politici. Il ritiro dalla BRI e il rafforzamento dei legami con Giappone e India hanno sottolineato l’impegno di Roma nel mantenere il suo tradizionale allineamento di politica estera, rimanendo coerente con le mosse e preferenze degli Stati Uniti e dei partner europei. Questo elemento era considerato fondamentale nel contesto della leadership italiana del G7.
Al di là dell’importanza a lungo termine dell'Indo-Pacifico, che però in questo specifico G7 è stata messa temporaneamente in disparte, il vicinato immediato dell’Italia, a est e a sud, ha rappresentato il fulcro della presidenza italiana del G7. Il sostegno dell’Italia all'Ucraina, con la prima sessione tenuta durante la visita simbolica e sostanziale a Kyiv nell’anniversario dell'invasione russa, ha sottolineato la centralità della sicurezza europea e della preservazione dell'architettura di sicurezza post-Guerra Fredda per il G7. La guerra a Gaza e le numerose sfide provenienti dall'Africa sono viste come parte di quelle questioni che per l’Italia si legano nel concetto del “Mediterraneo Allargato” e che Roma considera essenziali non solo per la propria sicurezza diretta, ma anche per la stabilità della governance globale.